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Pace, libertà e democrazia per la mia Ucraina

Riceviamo e pubblichiamo volentieri, non senza un certo turbamento, questa bella e significativa nota inviataci dalla nostra cara concittadina Svetlana, di origine ucraine ma da anni residente nella nostra Falcone. Parole dense di profondità e di intensa e vibrante commozione che non possono non coinvolgerci in una forte umana partecipazione. Parole che ci parlano delle paure, delle ansie, dello stupore di un intero popolo fiero e nobile, un popolo europeo che ci è fratello per cultura e civiltà, dinanzi alla vile coltellata alle spalle ricevuta da una Nazione confinante. E che ci raccontano anche, con semplicità ma anche con palpitante narrazione, come questo popolo, la cui Patria è stata vilmente invasa da un esercito nemico colà mandato a strappargli dignità e libertà, sia corso in armi a difendere eroicamente la propria integrità territoriale e le proprie istituzioni democratiche, faticosamente conquistate, cercando di portare in sicurezza i propri cari più deboli e fragili. Grazie cara Svetlana per questa tua tenera ma al contempo angosciante lettera. 

Non sei sola. Siamo con te Slava Ukraini (Gloria all’Ucraina)



 

Ogni uomo e ogni cosa ha la sua storia. Questa è mia: Mi chiamo Svetlana e abito a Falcone dal 2002.
Sono nata a Kirovograd una città ucraina, ho vissuto a lungo in Crimea; una penisola sul Mar Nero, e adesso sono naturalizzata italiana.
Ecco il motivo per cui io in prima persona mi rivolgo a voi care cittadine e cari cittadini per parlare di un argomento delicato che da diversi giorni viene discusso da tutti. La guerra in Ucraina. Anche qualcuno di voi fino poco tempo conosceva vagamente dove si trova e come si vive in questo paese.
Non sono qua per ripetere quello che scrivono giornali, o raccontano degli esperti politici nelle trasmissioni Televisive, quello lo potete vedere anche voi. Anche se ossessionantemente seguo qualsiasi notizia e qualsiasi informazione che permetta di capire l’andamento degli eventi bellici che osserviamo in Ucraina. Vorrei raccontare ora qui della mia famiglia e dei miei amici che adesso si trovano in Ucraina. Vorrei con i loro occhi raccontare la Guerra.
L’ultima volta sono andata a trovare mia mamma e mio fratello e mia nipote di 6 anni a Kiev il 15 novembre del 2001. Da tempo non ci vedevamo, eravamo chiusi per il covid. Trovai quella volta Kiev stupenda. Aria fredda e secca e cupo paesaggio autunnale non mi impedirono di godere ampiamente il calore della mia famiglia, emergere nella vita frenetica degli abitanti di Kiev, comprendere la loro essenza di persone gentili, ospitali e energiche, di fare lunghe camminate sulle larghe strade della citta: Bankovskaya steet, Occean Plasa (un cento commerciale), Maidan(piazza), Podol (quartiere antico di Kiev) e a volte fare una corsetta lungo il fiume Dnipro. Di ritorno osservai attentamente le strade curate che portano in aeroporto a Borispol, una struttura enorme super moderna. Pensai che finalmente la vita ha sistemato tutto, i miei stanno bene. Mia mamma ancora andava a lavorare facendo un dibattito con mio fratello che non voleva, ed io non entravo pensando che e la vita da pensionata forse fosse noiosa.
Dopo il mio ritorno in Sicilia ho invitato mia madre a venire qua in vacanze. ll biglietto era di data di 6 marzo. Ma già nei primi di febbraio abbiamo cominciato di sentire i primi avvisi di possibile attacco all’Ucraina.
Prime voci erano deboli ed increduli. Soprattutto perché Mosca ostinatamente negava ogni possibilità dell’aggressione. Parlavo con amici e nessuno ci credeva, erano tranquilli, chiamavano tutto un’isteria dell’occidente. Due volte ho chiesto a mia mamma di anticipare la data di partenza senza risultato.
Ho avuto anche qualche discussione con miei amici russi che si agitavano e aggredivano solo con l’inizio della frase di una possibile guerra: insomma, nessuno ci credette.
Mi sentivo impotente nel momento in cui la Russia convocò il Consiglio di Sicurezza. Guardai incredula alla dichiarazione di indipendenza delle repubbliche Donezk e Lugansk e delle pretese di difendere i loro diritti. Speranzosamente, sentii di possibile incontro di ministri degli esteri giovedì 25. Invano, era stato annullato. Possibile attacco in 48 otto ore, annunciava un articolo, forse di Repubblica o forse del Corriere della Sera.
Il mio unico pensiero era che sbagliassero giorno, che ancora ci fossero altri 10 giorni e mia mamma potesse prendere aereo per Catania. Invano. Fino alle 3 di notte aspettai e poi mi addormentai con un telefono scarico. Saltai in aria di mattina alle 6. Le notizie del telegiornale annunciavano l’invasione russa in Ucraina, accesi il telefono e vidi 13 chiamate perse da mia mamma.
“Ci stanno bombardando” diceva spaventata. Da allora il mio unico pensiero fisso era di tirare mia mamma fuori dal paese in guerra. La immaginavo lì piccola e indifesa qual’è di fronte alla macchina globale e tritatutto di Putin. Da allora cominciò l’incubo vero e non immaginabile; le esplosioni, sparì e morti.
La guerra è un evento che ti sconvolge profondamente, la presenza della mia famiglia in un territorio dove regnano le armi mi ha fatto entrare in una sensazione di lutto profondo perché vi è pericolo e minaccia di una morte violenta; il modo di sottoporre tutti al volere di qualcuno ti umilia e ti porta disonore. Ciò che in questi giorni per me ci è stato un grande aiuto è la compressone che mi hanno mostrato i miei amici e miei concittadini. E colgo occasione per ringraziare tutti voi che mi avete mostrato attenzione e ogni piccolo segno di compressione.
Kiev e altre città ucraine e nomi difficili da pronunciare per voi sicuramente Harchiv, Bucha Herson, Micolaev, Chernigiv, Mariupol non sono stati risparmiati dai bombardamenti pesanti russi. Quasi dappertutto sentiamo qualcuno che conosciamo lì e che vive un incubo di sirene continue, costretti a restare nei rifugi. Ma attenzione non tutti scendono nei rifugi perché i palazzi sono alti con piani alti di 18-24 piani, con ascensori staccati e la gente si nasconde nei corridoi e bagni soprattutto anziani e disabili rischiando un missile fuorviante o dei resti di un aereo abbattuto che colpisce ed incendia le zone residenziali creando la morte dei civili.
Tornando a mia mamma cercai di convincerla a lasciare la città a condizione di non dire nulla a mio fratello che abita con la famiglia in un’altra parte della città, cercai di raggiungere la stazione del treno.
Lei era uscita da casa, sentendo suonare le sirene antiaeree e volendo raggiungere una fermata di autobus ma niente, né taxi, né gente né autobus, solo freddo e neve. Un pulmino solitario faceva il giro interno da parte del fiume, a sinistra, la stazione si trova, invece, a destra del Dnipro e quindi perde speranza e torna a casa. Gli amici accendono la speranza informando che la stazione secondaria, Darniza, a sinistra, e allora parte, stavolta il giorno dopo, con un solo zaino di adidas di mio fratello, con dentro documenti e bottiglietta d’acqua. Esce prima che finisca il coprifuoco, alle 7, due ore di camminata sotto la neve e raggiunge la stazione, sale nel treno e inizia il viaggio di speranza, settimana una dopo dall’inizio dei primi bombardamenti. E stata molto fortunata di riuscire a fuggire. Tante donne e uomini sono rimasti lì in attesa dell’esito della guerra. Nessuno vuole credere che possiamo perdere la guerra. Le donne con bambini in fuga appena uscite dal Ucraina sognano ritornare e ci sono tanti che hanno deciso di rimanere insieme. Come mio vicino a Kiev, originario di Donezk, Alecsei con la moglie e figlia di 3 anni. Come una Amica di mia mamma, Nadia, che non vuole lasciare da solo il marito: alla domanda se hanno da mangiare mi risponde che adesso hanno tutto per quanto riguarda alimentari, come anche una compagna di scuola di mia mamma che continua a lavorare e la figlia che non la vuole lasciare. Gli ucraini non hanno paura e vogliono vivere nel loro paese.
Si scusano che quello che succede da loro in qualche modo colpisce e stravolge l’economia occidentale, ma aggiungono, dio testimone, che non è colpa nostra, è solo colpa di Putin. Loro sinceramente credono che la fine della guerra sia vicina ed io non vorrei togliergli la speranza.
Ai miei cittadini chiedo “pazienza e tempo”. che sono i giudici supremi. Non bisogna cadere nel tranello di disinformazione della propaganda russa, vi dico un solo nome, Sara Reginella, ebbene tutto ciò che dice è pura propaganda putiniana. Speculazione del numero di morti, se erano 2000 o 200. Per me non ha nessuna importanza, sono sempre morti e vittime ucraine, o russe, o civili. Nessuno lo saprà mai davvero.
Guardate ai fatti, alcune città rase al suolo delle risorse militari con i civili casuali è un fatto. Perché lo sgancio di 3 tonnellate di bombe forma una fossa. Il numero di sfollati che sono contati dalle organizzazioni umanitarie è un fatto. UNICEF che dichiara la crisi e la catastrofe dei bambini che si trovano da settimane nei cosiddetti bunker d’inverno, non così dolce come in Italia, e con temperature rigide. Questi sono dei fatti tragici.
Oggi mia madre è al sicuro a casa mia. Mio fratello adesso si trova ancora in Ucraina e siamo in continua tensione, per lui e per la sua famiglia.
L’Ucraina vuole essere un paese libero e democratico, ma purtroppo la libertà ha un prezzo e si paga a volte con la vita.
La pace in un mondo globale è strettamente legata a un mondo economico dove tutto ha un costo, così anche la libertà, la dignità e l’ onore. Ci serve tanta saggezza per riconciliarci

 

 Slava Ukraini